Ciclo iconografico Vita di Sant'Egidio Eremo di Sant'Egidio, Frosolone (Is)
Il ciclo sulla vita di Sant’Egidio è un programma iconografico che si pone a servizio dello spazio liturgico e diventa occasione di preghiera e catechesi. Poiché la radice della vita di sant’Egidio è l’incontro con Gesù Cristo, il ciclo diventa lo spunto per un’arte cristologica e trinitaria e, dunque, profondamente sacramentale.
Vita di Sant'Egidio, 2012, prima tavola, acrilico su gesso e legno, 2x0,50 m
Vita di Sant'Egidio, 2012, seconda tavola, acrilico su gesso e legno, 2 x 0,50 m
La famiglia
Apre il ciclo iconografico la mano del Padre che, additando il piccolo Sant’Egidio (sanctus puer), pronunciail suofiat su di lui e lo riveste di grazia divina. Lo Spirito Santo, rappresentato dal rosso, è il soffio, l’energia creatrice che consiglia e guida il fanciullo nella realizzazione del disegno che il Padre celeste ha pensato per lui. Sant’Egidio, protetto dal suo angelo custode, già dall’infanzia arde d’amore per Cristo, come simboleggiato dalla fiamma sul cuore. Nella loro casa i genitori del santo sorreggono Gesù bambino e lo porgono al fanciullo, ad indicare il ruolo della famiglia come soggetto primario di evangelizzazione e di trasmissione della fede incarnata. Gesù con la mano destra benedice il santo bambino, nella sinistra tiene il rotolo che rappresenta la Parola, così come è stata pensata da Dio sin dal principio dei tempi. "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1). La famiglia che fa di Cristo il suo centro sarà sempre una famiglia unita che ha come compito quello di rendere testimonianza alla grandezza e verità dell’amore di Dio. La famiglia cristiana partecipa al mistero di unità e fecondità esistente tra Cristo e la Chiesa, in tal senso è definita nella Familiaris Consortio come “Santuario domestico della Chiesa”. Un angelo veglia e custodisce la famiglia, è l’Arcangelo Gabriele con in mano il giglio, fiore dell’Annunciazione, che ci rammenta la docilità di Maria e di tutti i santi nell’abbandonarsi alla volontà del Padre: “Fiatmihi secundum Verbum tuum - Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).
Il battesimo
Sant’Egidio è così profondamente radicato in Cristo che, anche quando dorme, il suo spirito veglia attraverso l’azione dello Spirito Santo che in lui agisce e prega. Quando lo Spirito stabilisce la sua dimora in un uomo, nel sonno o nella veglia, la preghiera non si separa più dalla sua anima. Su Sant’Egidio vigilano anche presenze angeliche. A sinistra sono due angeli, uno che tiene in mano il bastone con la croce, antico simbolo della Trinità, e l’altro che attinge ad una conchiglia l’acqua del Battesimo e la sparge sul santo. L'acqua è una realtà polivalente: disseta, lava e purifica, è fonte di vita e segno di Cristo, acqua viva che placa ogni sete. Il Battesimo di fuoco è invece il Battesimo dello Spirito Santo che protegge e ispira Sant’Egidio (vir sanctus) anche nel sonno, avvolgendolo come in una culla. Attraverso il Battesimo siamo assunti nel mistero della Pasqua, passando così dalla morte alla vita. Il battesimo come sacramento che riceviamo nell’acqua, è accompagnato da quello del fuoco che avviene, grazie all’azione dello Spirito Santo, con la conversione del cuore e la scelta consapevole di essere cristiani e di spendere la nostra vita per il bene supremo che è Dio. La conchiglia come simbolo cristiano rappresenta la rinascita e la resurrezione perché ha il potere di trasformare un granello di sabbia in una perla. Dio ha messo in ciascuno di noi un granello di sabbia (l'anima, le qualità, i talenti) lasciandoci la libertà di scegliere cosa farne, se farlo restare un granello di sabbia o tramutarlo in una perla attraverso la fede e la preghiera. Come la trasformazione della sabbia in materiale prezioso è, infatti, dovuta a un processo lungo, così anche la conoscenza dei misteri della fede si acquista solo con l’impegno personale e la pazienza, ma soprattutto con l’umiltà e l’apertura allo Spirito di Dio. L’angelo custode di Sant’Egidio pone la mano destra sulla sua fronte in segno di protezione. Nell’altra mano tiene una lampada accesa, simbolo della fede. La luce accesa della lampada ricorda la vigilanza spirituale e la disponibilità nell'attendere, come nella parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte (Mt. 25). E' simbolo della fede che illumina il dubbio e le tenebre, portando serenità e chiarezza. La fede, come una luce, ci illumina la via.
La preghiera
La scena ripropone l’iconografia della Trasfigurazione sul monte Tabor. Contempliamo Gesù sulla montagna che è il luogo simbolico della rivelazione di Dio. Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, è esattamente al centro della prima tavola perché egli è il punto focale della nostra fede. Egli è la porta di accesso attraverso la quale avviene il passaggio, l’ingresso della nostra anima nella realtà trasfigurata così come è vista con gli occhi di Dio. Cristo benedicente, rivestito di luce e con in mano il rotolo della Parola, è all’interno della mandorla, simbolo della Maiestas Domini, cioè del mistero divino e della sua gloria. La mandorla è blu scuro, un colore impenetrabile che indica l’inaccessibilità, per la nostra mente, del mistero di Dio. Tale mistero comprende anche le tenebre del mondo ma qui vediamo come le tenebre non possono resistere alla luce di Cristo che su esse agisce disgregandole. Andrea di Creta identifica le vesti bianche con le scritture: purificate ed illuminate dallo Spirito, sono contemplate da quelli che amano le cose divine come Dio stesso. Con la preghiera contemplativa Sant’Egidio, sostenuto dal suo angelo, entra nella luce di Dio, pregustando già su questa terra un primo intimo incontro con Cristo Salvatore. La realtà si illumina della luce divina e il santo partecipa ad una profonda comunione con Cristo. Egli vive una prefigurazione del Paradiso. Nella contemplazione si crea una unione mistica con la realtà divina che illumina la terra di luce e trasfigura il creato che appare come un riflesso della bellezza del cielo. Ci sono anche Mosè con le tavole della legge ed Elia con il fuoco simbolo di Dio che a lui si manifesta in forma sensibile. Questa compresenza è possibile secondo la logica divina che vede l’intera storia della salvezza svolgersi nel “kairos”, il tempo nel quale Dio agisce e permette che accada qualcosa di eccezionale e straordinario: l’incontro con l’Eternità. Recita la liturgia ortodossa: "È tempo [kairos] che il Signore agisca".
La croce
Vediamo S.Egidio (Servus Dei) ritiratosi a vita solitaria in una grotta. La grotta è il sacro speco, il luogo simbolico nel quale ci addentriamo per immergerci nella nostra interiorità e fare verità dentro di noi. La grotta è anche il simbolo dell’abisso, del vuoto, del male, della morte e del peccato perché nel silenzio e nella solitudine, dove non ci sono distrazioni, ci confrontiamo con gli aspetti più critici della nostra esistenza. E’ nelle profondità del cuore che incontriamo le nostre ambiguità e le affrontiamo. L’uomo giusto, infatti, non è immune dalla lotta spirituale che è un mezzo di purificazione. Egli vive tutti i momenti di difficoltà, debolezza e sofferenza in unione con Dio, nutrendosi della Parola, che è cibo e guida per la sua anima e contemplando il mistero divino della croce, che è al contempo morte e resurrezione. L’aspetto essenziale della croce di Cristo è la vittoria sul male, da cui l’antico canto della Chiesa: “Ave Crux, Spes unica!”. Dalla croce sgorga, infatti, l’acqua viva simbolo della redenzione. Cristo viene equiparato ad una sorgente dissetante :“Chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete” (Gv 4,14) Un angelo veglia su Sant’Egidio. Reca in mano una palma che simboleggia la resurrezione di Cristo e la vita eterna. La palma indica anche la gloria dei martiri, testimoni eroici della fede cristiana professata persino davanti alla morte. Recita il Salmo 91,13: “Il giusto fiorirà come palma”. I santi monaci sono amici degli angeli, infatti, conversano visibilmente con loro e da loro sono protetti, guidati, assistiti. La cerva rappresenta la comunione con tutte le creature di Dio verso le quali gli uomini di preghiera sono sempre accoglienti. Nella tradizione iconografica il cervo simboleggia la ricerca spirituale delle anime che, desiderando Cristo e la verità, corrono ad abbeverarsi alla fonte della vita. Così recita il Salmo 41,2: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio”.
La chiesa
L’angelo sulla scala, che introduce la scena, ci interpella personalmente; è, infatti, l’unico angelo che ci guarda direttamente invitandoci a entrare nello spazio raffigurato che è uno spazio sacro. La scala rimanda al sogno nel quale Giacobbe vide una scala unire cielo e terra e, su di essa, angeli salire da e verso Dio, qui simboleggiato dalla nube. La scala mistica è anche prefigurazione del destino di ogni giusto: “salire verso l’invisibile” (Bernardo da Chiaravalle) per entrare il più possibile in comunione con Dio. Ognuno di noi ha la possibilità di ascendere al cielo, tuttavia, come ci ricorda Giovanni Climaco ne “La scala del Paradiso”, la scalata non è facile e richiede molta attenzione per non cadere, per questo è rappresentata come una semplice scala a pioli. Affinché non cadiamo, l’angelo ci indica la Croce per ricordarci il centro della nostra fede e ci invita a vivere la vita cristiana nella dimensione ecclesiale. Il rapporto tra la Chiesa e Cristo è espresso simbolicamente dal Mysterium Lunae: come la luna non brilla di luce autonoma, ma riflette la luce che riceve dal sole, unico astro splendente di luce propria, così anche la Chiesa “rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo” (Sant’Ambrogio,Esamerone 4, 32), dal quale riceve immortalità e grazia. Così nella Chiesa si mescolano il divino e l’umano, rappresentati rispettivamente dal colore blu e rosso. Tali colori richiamano l’abito di Maria poiché i Padri chiamano Maria “figura della Chiesa” (Ecclesiae typus): come Cristo è nato da Maria, così i cristiani nascono dalla Chiesa. Come accade spesso nella vita dei santi, Sant’Egidio è disposto a modificare i propri piani e abbandonare la vita eremitica per mettersi a servizio della Chiesa, offrendo simbolicamente il monastero che gli è stato affidato al Santo Pontefice, il quale poggia i piedi su una pietra angolare che rappresenta Cristo. La Chiesa particolare è contenuta dalla Chiesa universale alla quale il Santo dichiara così la sua obbedienza. Chiude la scena l’angelo custode della Chiesa che tiene in mano una sfera, simbolo del mondo, poiché il messaggio di Cristo è universale e diretto a tutti.
La riconciliazione
Aprono la scena due angeli. L’angelo più in basso regge un turibolo nel quale ardono i carboni e l’incenso, simbolo di purificazione e della preghiera che sale fino a Dio : «Come incenso salga a Te la mia preghiera» (Sal 140,2). L’altro angelo ci ricorda un episodio della vita di Sant’Egidio. Egli sorregge il cartiglio dove sono scritti i peccati del re, che possono essere letti solo dal Santo perché gli sono stati rivelati durante la celebrazione della Messa al fine di convertire il monarca. Il re, ascoltando dalla bocca del Santo il peccato che non osava confessare, comprende la grandezza del Padre Celeste e del suo amore misericordioso. Umilmente inginocchiato, riconoscendo il miracolo, si pente e apre così il suo cuore all’amore purificante e rigenerante di Dio Padre, Re del cielo e della terra. Come ci ricorda Benedetto XVI “non è il potere che redime, ma l’amore”. S.Egidio accoglie la sua confessione e gli offre il Panis Angelicus, Pane di Vita Eterna. Dio si fa cibo per chi, liberato dalla schiavitù del peccato, diviene suo figlio e così lo sostiene e nutre nel cammino della vita. Il perdono dei peccati è la nuova creazione alla quale partecipiamo liberamente riconoscendo le nostre colpe e volgendo il nostro sguardo al Padre Celeste. Le catene spezzate rappresentano la prigionia del peccato dalla quale il sovrano è stato liberato. Nel Sacramento della Confessione agiscono direttamente Dio Padre e il suo Spirito che investono il sacerdote del potere di rimettere i peccati, per i meriti del sacrificio di Cristo. Questa presenza ed investitura è rappresentata nell’icona dal flusso di rosso e oro che scende dall’alto, dalla nube di fuoco.
La liberazione dal male
In questa scena vediamo S.Egidio che opera un esorcismo liberando un uomo indemoniato. L’esorcismo avviene all’interno di una Chiesa perché è alla Chiesa che Gesù ha lasciato il potere di scacciare i demoni. Nella lotta contro lo spirito maligno Sant’Egidio è forte delle armi spirituali ricevute in dono da Dio Padre. Lo Spirito di Dio scende su di lui in lingue di fuoco, rivestendolo con un’armatura che lo fortifica e protegge contro gli attacchi dello spirito nemico. Il fuoco rappresenta il sommo trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo, della vita sulla morte. Inoltre S.Egidio riceve dall’arcangelo Michele una spada di luce, simbolo della lotta contro il male. La fortissima e profonda unione a Dio attraverso la fede e la preghiera sono un aiuto potentissimo contro gli attacchi del maligno. L'Arcangelo Michele è considerato dai cristiani come il più potente difensore del popolo di Dio, è il comandante dell'esercito celeste contro gli angeli ribelli del diavolo, che vengono precipitati a terra (Ap 12). Per questo possiamo vedere la figura dell’angelo decaduto che sprofonda verso il basso. Il maligno nasconde il suo volto perché il male è subdolo, non si fa mai guardare dritto negli occhi e si nasconde alla vista per non farsi riconoscere. Il gesto della mano sugli occhi ha però anche un altro valore, l’angelo nero, infatti, cerca di coprire i suoi occhi con il buio delle tenebre perché il suo sguardo non sopporta la presenza di Cristo e dell’Eucaristia ed il bagliore della sua luce salvifica. Satana -dall’ebraico Satan, avversario- è rappresentato come una figura inquietante, contorta e ribaltata perché è il dispersore, il divisore, colui che porta il caos nella vita in un processo inverso a quello della creazione che procede invece dal caos alla vita. Nel peccato egli frammenta la nostra esistenza e ne distorce il senso, ci allontana dal centro che è Cristo. Tuttavia le sue ali sono seducenti allo sguardo, a significare che si nasconde sotto vesti ammalianti e si finge amico degli uomini per perseguire i propri scopi. C’è anche l’arcangelo Raffaele che tiene in mano il pesce bruciato con riferimento al libro di Tobia e alla liberazione dal demonio Asmodeo (Tb 3,17). Il pesce è un simbolo cristologico, come testimonia Agostino quando scrive che « il pesce che il giovane Tobia tirò su vivo dal fiume è Cristo il cui cuore bruciato durante la Passione ha cacciato Satana».
L'eucarestia
La scena dell’Eucarestia occupa il centro della seconda tavola iconografica perché il sacramento dell’Eucarestia è il Sacramento dei Sacramenti (Santissimo Sacramento) ed è il punto focale nella vita di un Cristiano. Come ci ricorda il Concilio Vaticano II, tutta la liturgia della Chiesa trova il suo centro e la sua più densa espressione nella celebrazione di questo sacramento. S.Egidio è rappresentato mentre celebra la cena del Signore, la Messa, con i suoi confratelli. Lo vediamo nel momento della consacrazione del pane e del vino, come fece Gesù durante l’ultima Cena. Gesù, ripetendo il gesto tipico della cena ebraica, ha spezzato il pane e lo ha distribuito ai suoi Apostoli compiendo in Se stesso la nuova ed eterna Alleanza tra Dio e l’umanità. La Messa è il luogo nel quale Dio santifica il mondo e uomini ed angeli glorificano insieme il Signore e a Lui cantano inni di gloria. Mangiando il Suo Corpo, Cristo ci unisce a sé e tra di noi, così da creare una Comunione perfetta e formare una sola famiglia. E’ scritto : “L’uomo mangiò il Pane degli Angeli” (Sal 77,25). Nell’Eucarestia avviene una adunanza universale, transtemporale e transpaziale, l’unione mistica della Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi, una prefigurazione della Gerusalemme Celeste. “Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue, ha la vita eterna (Gv 6,54).” Contemplando la mensa eucaristica facciamo memoria di Cristo, della sua alleanza e dell’intera storia della salvezza. Sull’altare c’è la Sacra Scrittura, la Parola di Dio, che ci parla della storia della salvezza e della relazione di Dio con l’uomo. La Parola è comunicazione, strumento di relazione e di comunione, strumento di pienezza di vita. Segni dell’eucaristia e della presenza di Cristo sono il pane, il vino, le spighe ed il grappolo d’uva. Ricordiamo, infine, che ciò che salva è vivere in una logica di gratuità e di servizio. Per fare memoria della morte di Gesù e renderlo presente nel suo corpo e nel suo sangue occorre vivere il servizio: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). Dio è colui che serve, noi ci facciamo come Lui nutrendoci di Lui ed assumendo un atteggiamento di servizio.
La morte santa
Sant’Egidio fa una morte santa: ormai arrivato alla fine del suo viaggio, lascia cadere il bastone del Pellegrino che simboleggia il cammino dell’uomo su questa terra per raggiungere Dio. Il bastone ha la forma del Tau, come in uso monastico ed è un chiaro richiamo alla croce di Cristo. Un angelo incorona S.Egidio con una corona di gloria (d’oro) che indica la partecipazione alla regalità di Dio. Nella dimora beatificante dei giusti, gli angeli lo conducono al Padre rappresentato dalla mano aperta che scende dall’alto, in segno di accoglienza. Lo vediamo ormai nel Paradiso, caratterizzato dai fiori che indicano la perfezione spirituale e dall’albero della vita. L’albero della vita ci rimanda alla Creazione (Gen2), quando fu piantato, insieme all’albero della conoscenza, nel giardino dell’Eden, all’inizio della storia della salvezza. Ora, nel nuovo Eden, viene instaurato un nuovo ordine di cose: l’albero della conoscenza, i cui frutti hanno portato la divisione nel mondo, è scomparso ed è rimasto solo l’albero della vita, i cui frutti nutrono di vita eterna. Tra la nona e la decima scena, al centro del Paradiso, è Maria. Come recita la litania lauretana, Maria è la “porta del Paradiso” (Ianua Coeli), essendo colei che ha permesso al Verbo di incarnarsi e di scendere sulla terra. Maria è il luogo dell’incontro tra il mondo divino e il creato, rappresentati, secondo la tradizione del primo millennio, dal blu (umanità) e dal rosso (divinità) dei suoi abiti. Così come ha portato il cielo sulla terra, Maria ha anche il potere di portare la terra al cielo. Ella, con la sua intercessione, è capace di immetterci nella comunione con Cristo. Maria è rappresentata in posizione orante, posizione che indica la tensione relazionale dell’uomo in preghiera, creato da Dio e a Lui orientato. Maria, con la sua preghiera, intercede presso il Padre per le nostre anime. Nell’immagine della Vergine con le braccia alzate contempliamo il mistero dell’incarnazione e la preghiera perfetta nello Spirito, rappresentato dal flusso rosso nel quale Maria è inserita. Con il suo sguardo amorevole e misericordioso Maria ci invita alla preghiera e alla speranza.
La comunione dei santi
Scopo del nostro pellegrinaggio in questa vita, meta del nostro vagare, è la Gerusalemme Celeste, rappresentata come una “sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21, 2), il nuovo Israele che scende dal cielo e risplende della gloria di Dio”(Ap 21,2). Sant’Egidio vive ormai nella città nuova, in comunione con tutti i Santi che sono il corpo mistico di Dio, uno con Cristo. La contemplazione di questa visione ci ricordi che, come scrive il pensatore russo A.Chomiakov, “nella perdizione ognuno va per conto suo, ma in Paradiso si va solo insieme a tutti i fedeli”. Ogni santo reca in mano un simbolo che lo caratterizza e lo differenzia poiché ogni uomo è chiamato alla santità in modo diverso. Vediamo i genitori di Sant’Egidio, santificati nella vocazione del matrimonio, con le fedi in mano; sant’Agnese con in braccio l’agnello, simbolo di mansuetudine e purezza; Santa Cecilia con il liuto in quanto patrona dei musicisti; re Davide incoronato, San Benedetto con la Regola, San Pietro con le chiavi del Paradiso. Sant’Egidio è vicino Maria, sulla soglia della Città Nuova, e intercede presso il Padre per il fedele che, attraverso di lui volge a Dio la sua preghiera. I santi sono amici degli uomini e li guidano, con il loro esempio di vita e la preghiera, verso la libertà della gloria dei figli di Dio. I tratti del volto di Sant’Egidio ricalcano i tratti del volto di Cristo perché la perfezione della sua fede lo ha reso cristoforme. Scrive il teologo T. Spidlik: “Essendo immagine di Dio, l’uomo possiede un immenso valore ed esige la stima: è l’icona del Creatore. Quanto più uno è santo tanto più rassomiglia a Dio.” La rappresentazione di Sant’Egidio con il volto di Cristo ci ricorda anche che dobbiamo guardare ai Santi come mediatori e intercessori ma mantenere Cristo sempre al centro della nostra fede. Chiude il ciclo l’arcangelo Michele che tiene in mano la bilancia del giudizio. Con lo scettro trinitario che ha nella mano destra, Michele spinge il piatto del bene in modo da renderlo più pesante. Questo gesto, ripreso dall’antica iconografia orientale, sta a significare che l’unico giudizio di Dio sul mondo, per sua benevolenza verso l’uomo, è la Misericordia.